Non poteva essere diverso l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti proposto dal Festival Vicenza in Lirica per questa fortunata edizione 2019. Se lo scopo è puntare sui giovani perché tante sono le promesse in giro per il globo che meritano una possibilità, sicuramente questa produzione del capolavoro donizettiano ne è un esempio felice per freschezza ed immediatezza, nonché per l’evidente entusiasmo con cui tutti i coinvolti hanno partecipato. L’orchestra è costituita da giovanissimi musicisti e proviene da un progetto del Liceo Corradini di Thiene e tra gli interpreti vi sono freschi vincitori del concorso Tullio Serafin che si è tenuto a Cavarzere (Ve) a giugno ed alcuni allievi dell’Accademia di canto del Teatro alla Scala. Ed è con uno spirito frizzante che lo spettacolo è stato concepito da Piergiorgio Piccoli ed il suo staff considerando ovviamente la scena fissa dell’Olimpico. Pertanto sistemando solo qualche sgabello, sedia o tavolino, il regista si è ingegnato affinché gli interpreti sopperissero con qualche trucchetto a ciò che mancava fisicamente sul palco.
Possiamo dire che il libretto è stato essenzialmente rispettato ed anche i personaggi si sono mossi rispcchiando tutto sommato la tradizione, senza creare situazioni strane o completamente avulse dalla norma. È a Dulcamara che il regista affida il ruolo, se vogliamo, più ‘sovversivo’, con quel costume degno di un circo e quel modo abbastanza disgustoso di riempire la boccetta del finto Elisir (liquido giallo per capirci..). Ma non scherza neanche Belcore, che fa il suo ingresso in portantina nel suo blu elettrico e barba da Faraone, e si comporta come l’ultimo dei divi viventi. I costumi forniti dal gruppo Amici di Thiene, che non si riferiscono esattamente al Diciottesimo secolo, sono molto curati e ben incorniciano gli abitanti del buffo villaggio popolare. Anche Giannetta con la sua parrucca dai folti boccoli bianco grigi o Adina con cipollone in testa non scherzano (le parrucche sono opera di Carolina Cubria), ma tutto ciò che si vede caratterizza uno spettacolo ‘easy style’ e comunque studiato soprattutto per un pubblico giovane.
Encomiabile il lavoro svolto dal giovanissimo Maestro Sergio Gasparella che, ancor lontano dal trentennio, dimostra già di saper tenere testa ad un gruppo folto di musicisti altrettanto giovani (alcuni di essi non arrivano nemmeno a vent’anni). Non solo dirige l’orchestra “Crescere in Musica” del liceo Corradini di Thiene cantando a memoria l’intera opera per favorire gli attacchi dei cantanti, ma è riuscito anche a dosare piuttosto bene i volumi sonori di una compagine comunque voluminosa e non certo usa alla buca del gioiello palladiano. Il suono è generalmente pulito e sicuramente diverrà ancora più raffinato e preciso con l’esperienza.
Tanto i protagonisti principali quanto il coro e le comparse si sono veramente divertiti sul palco. Adina è una dirompente Tsisana Giorgadze, allieva dell’Accademia del Teatro alla Scala, il cui canto lineare e senza sbavature le consente di concentrarsi sul personaggio un po’ rompiscatole e petulante, ma anche sentimentale e languido man mano che il sentimento cresce per il caro Nemorino, Paolo Antonio Nevi. Il tenore arriva dal concorso di Cavarzere e dimostra nonostante sia alle prime armi una invidiabile propensione al palco. Eravamo presenti al concorso e ricordiamo già allora una chiara idea del ‘suo’ Nemorino, Dopo mesi di studio ha approfondito e portato in scena un ragazzo timido, impacciato, che freme al minimo contatto con Adina e la cui voce rispecchia esattamente questo fremito delicato e fanciullesco. Dolcissima, ora come in concorso, ‘Una furtiva lagrima’. Dal concorso Tullio Serafin arriva anche il Belcore di Giovanni Tiralongo: sicuro di sé, esuberante e dal canto schietto. Il pagliaccio del circo è sicuramente Il dottor Dulcamara, Giovanni Romeo, sempre dell’Accademia della Scala. Le sue boccette di ‘bordò’ stanno in un carretto da rigattiere pieno di cianfrusaglie e non avendone a disposizione subito per il credulone innamorato pensa bene di riempirlo a modo suo come detto prima. La sua mise è tutta un programma, tra stivaloni con risvolto, parruccone multiforme e costume vistosissimo, ma incontra il favore del pubblico tra vocette e mossettine da navigato imbroglione. Forse carica un po’ il personaggio, ma la parte è buffa e lui ci sta dentro volentieri, con un timbro che le si addice. Simpatica e corretta la Giannetta di Silvia Caliò, anch’essa dal Tullio Serafin, con una voce molto interessante per timbro e squillo. Preparato e molto partecipe il coro Laboratorio Corale dell’Istituto Musicale Veneto Città di Thiene di Alberto Spadarotto.
Trionfo per tutti al termine. Sold out e pubblico soddisfatto, con tanti giovani ed anche bambini presenti.
Maria Teresa Giovagnoli
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